LA RICERCA.
Gli oggetti: frammenti di mondo tra design e teatro.

Le Unità di Arredo sono definite da una dimensione spazio–temporale. Lo spazio è quello della loro dimensione oggettuale. Il tempo è quello, lungo e necessario, per la loro ideazione; è l’atto dedicatorio con il quale si attribuisce valore proprio alla prassi di progetto. Le Unità, però, vogliono anche essere “testimoni muti” di una decisa fiducia nella Cultura del Progetto, inteso come azione che sintetizza in un’unica esperienza differenti operazioni creative. Il concetto di “arte come azione” di futuristica memoria imprime slancio all’intero processo di progetto. Senza alcuna pretesa di attribuzione artistica alle Unità di Arredo, infatti, obbiettivo dell’operazione è quello di esplorare metodiche di progetto che trovino soprattutto nel Teatro un possibile referente culturale ed ideologico per codificare nuovi linguaggi attraverso i quali poter sperimentare la capacità evocativa e di racconto degli oggetti stessi. Gli oggetti, infatti come afferma Calvino quando entrano in un racconto hanno un grande potere evocare, diventano “magici”. Essi hanno la potenzialità di creare relazioni “immateriali” con lo spazio che li accoglie e con l’uomo che li usa. La natura di tali relazioni, la loro potenzialità espressiva è oggetto di analisi e di sperimentazione. La volontà è quella di mutuare prassi e teorie dal Teatro per riuscire a caricare simbolicamente tali oggetti attraverso la manipolazione stessa della loro materia e attraverso l’utilizzo del colore. Questo è sempre utilizzato “senza timidezza” per consentire all’oggetto di assurgere a vero e proprio fulcro cromatico dell’ambiente... Senza voler arrivare a operazioni di visual, exhibit design, l’operazione progettuale tende soprattutto a trasporre tali oggetti verso uno spazio maggiormente teatralizzato anche al di là della loro contingente funzione. Gli Elementi Divisori, ad esempio, oltre la loro funzione di schermatura, assurgono a valore decorativo delle pareti nel momento in cui si sovrappongono ad esse. Così espletato il loro ruolo divisorio, in configurazione chiusa, ne assumono un altro immediatamente successivo in configurazione aperta; quello decorativo. Il pannello con la sua decorazione sovrapponendosi alla nuda parete ne diventa lo spartito decorativo. In tale prospettiva i temi decorativi sono stati desunti proprio da stoffe, tendaggi e parati dell’Art Decò o dalle stoffe dei kimono e delle stampe giapponesi. Tali temi si rigenerano in un nuovo e diversissimo materiale: la lamiera di ferro. La componente spettacolare è affidata non solo alla modalità di giacitura degli elementi di corredo, che quindi “accende” un tipo di movimento, di schlemmeriana memoria, di gesto, ma anche a quelli che vengono ironicamente definiti gli “accessori” dell’unità come ad esempio il Portacappelli che evoca la forma di una scultura di Brancusi; questo al di là del suo temporaneo valore d’uso è rappresentativo di se stesso. Luce, materia e peso sono tre strumenti con i quali operare modellazioni e trasfigurazioni della forma dell’oggetto, in un processo di progetto inteso come chiarezza ed evidenza della costruzione dell’oggetto stesso. Il Design ha la potenzialità di superare i limiti estremi del funzionalismo architettonico da un lato e della incomunicabilità artistica dall’altro, attraverso la contaminazione proprio degli aspetti di “azione progettuale” che contraddistingue comunque, le due operazioni creative; il rigore del processo di progetto, che la tiene legata alle necessità funzionali insite alla produzione dell’oggetto, e l’espressività della potenza dell’emozione lirica e della forza dell’immaginazione, sempre rigorosa e mai arbitraria, che rivendica, così, la sua autonomia rispetto all’industria.